“I predoni di storia sono, purtroppo, sempre attivi nelle
nostre campagne complice l’inesistenza delle risorse finanziarie necessarie
alla tutela e valorizzazione dei siti archeologici. È una ricchezza,
culturale ed economica, sottratta alla nostra comunità, oggi pronta ad
impegnarsi al fianco delle altre istituzioni e agenzie culturali per la sua
valorizzazione, anche turistica Saremmo lieti e orgogliosi di poter
organizzare nella nostra città una mostra di questi bellissimi reperti primo
passo verso la costituzione di un fondo museale che possa impreziosire l’intero
territorio della Capitanata”. Sono state queste le parole del sindaco di Orta
Nova, Iaia Calvio, dopo il ritrovamento di reperti archeologici “più importante
degli ultimi 40 anni” nel garage di un agricoltore. Apparentemente, un semplice episodio di
cronaca. In realtà, il problema vero del territorio è l’assenza di luoghi per
l’esposizione e la valorizzazione di un patrimonio immenso. È nel Basso
Tavoliere, infatti, tra i Cinque Reali Siti (Orta Nova, Ordona, Carapelle, Stornara
e Stornarella) ed Ascoli Satriano, che viene localizzata la culla della civiltà
daunia. Più precisamente, nella storica Valle del Carapelle, che attraversa
alcuni degli agri comunali appena citati. Ettari ed ettari di storia che non
può essere raccontata perché non ci sono musei. Se si esclude quello di Ascoli
Satriano, si possono raccontare solo storie incompiute ed investimenti
sciagurati. Come quello per il famigerato museo di Ordona, realizzato nel 2004
grazie al dirottamento delle risorse (1 milione di euro) che dovevano essere
indirizzate alla riqualificazione del Foro romano. Invece, l’annosa questione
legale con la famiglia proprietaria del suolo, i Cacciaguerra, ed i continui
ritardi del ministero, hanno permesso che quelle risorse venissero impiegate
per un’opera inutile. Sarebbe tutto pronto per partire. Da due anni almeno, sin
dalla precedente amministrazione guidata dal commercialista Michele Pandiscia,
viene promessa l’inaugurazione. Due piani sarebbero sufficienti per garantire
visibilità ad una grossa mole di materiale (compresi i vasi recuperati dalla
Guardia di finanza in questi giorni), ma non se ne fa nulla: tutto è
abbandonato al piano superiore, in alcuni casi si tratta di reperti nemmeno
catalogati. Con un milione di euro, insomma, hanno messo su niente di più che
un deposito. Eppure questo, a detta di
tutti, dovrebbe essere il punto di riferimento di un intero territorio. Che
continua a partorire scoperte fondamentali, come il rinvenimento degli ipogei
del V millennio avanti Cristo che hanno permesso di retrodatare di molto la
storia dei nostri antenati. L’attuale sindaco, Rocco Settimio Formoso, si
trincera dietro un secco: “Mancano le risorse per valorizzare il patrimonio”.
“Stiamo lavorando per cercare i soldi necessari – ci spiega -, negli ultimi
abbiamo recuperato circa 300mila euro per la rigenerazione urbana con un
progetto dei Cinque Reali Siti. Realizzeremo l’illuminazione per il museo,
faciliteremo l’accesso ai disabili con un ascensore per il primo piano e faremo
altri lavori di risistemazione. Ma non basta. Per far funzionare il museo e
renderlo fruibile, compresi gli oneri di gestione, serve almeno un altro
milione e mezzo”. Cifre che sembrano immani per un Comune dalle poche migliaia
di anime, ma che potrebbero essere ricavate dai 3 parchi eolici realizzati
negli ultimi anni. “Questo è il punto – precisa il sindaco – che la passata
amministrazione si è fatta anticipare le somme per alcuni anni, per questo ci
ritroviamo senza un euro da poter investire nella valorizzazione archeologica”.
Quando ci sono i soldi, invece, ci si mette di mezzo la burocrazia: “Sulla
questione degli ipogei – commenta Formoso – attendiamo ancora che il ministero
definisca il sito di interesse pubblico per poter procedere con l’esproprio.
Con la villa romana che sta a pochi metri di distanza in località Ponte Rotto,
al contrario, i tempi sono stati più celeri e siamo riusciti ad espropriare
un’area di circa due ettari”. E non è tutto. Proprio vicino a Ponte Rotto si
estende la Valle del Carappelle. L’area individuata per il mega progetto
dell’Ecomuseo: una forma nuova di fruizione, attraverso percorsi studiati, nel
sistema dei musei locali. Ognuno avrebbe avuto la sua identità storica
all’interno del percorso nella culla della civiltà daunia. Anche in questo
caso, con responsabilità diffuse e frammentate, si è arenato tutto. Il grande
studioso belga Joseph Mertens
immediatamente si pentì di aver tirato fuori quel ben di Dio di Herdonia,
vedendo successivamente lo stato di abbandono in cui versavano quelle
meraviglie. Ecco perché adesso viene più di un dubbio sul futuro degli
splendidi reperti recuperati dalla Gdf: che fine faranno visto che non potranno
essere conservati nel luogo che gli è proprio? Si faccia
avanti chi ha un’idea valida, che non risponda però alla classica logica strumentale che ci ha già condannati in passato.
3 commenti:
Quanti soldi servono a Formoso per far funzionare il museo di Ordona? Lui dice milione e mezzo, e questa cifra non c'è... Basterebbe incassare i proventi dell'eolico, stimati in 700000 € annui, e in due-tre anni ci saranno. Ma Formoso ripete la solita favoletta della vecchia amministrazione che s'è fatta anticipare il denaro dell'eolico: tutte balle, il denaro anticipato non riguarda le royalty, ma alcuni diritti fissi, per cui gli introiti ci saranno eccome e purtroppo non serviranno per gli investimenti perché sono già impegnati per ingrassare gli amministratori. Tant'è, che la vecchia amministrazione era capeggiata da Pandiscia, che ha girato i propri voti allo stesso Formoso, attraverso il candidato Di Paola. Per cui tutti e due fanno finta di scaricarsi la colpa a vicenda, dando però ognuno all'altro delle scuse valide per non assumersi responsabilità dirette. Un giocattolino perfetto, perché confonde le acque. In fondo si amano, perché sono tutti e due amanti degli affari, e delle speculazioni.
Caro Iula, come accade sempre più spesso, scrivi cose inesatte ed approssimate.
Il museo è stato realizzato utilizzando vecchi fondi della Regione Puglia (del 1990 e 1994) per un importo di € 764.356,21 (1.500.000.000 delle vecchie lire) già destinati (allora) alla realizzazione di un museo.
Il famoso 1.000.000,00 di euro di cui tu parli, provengono da un accordo di programma tra il Ministero dei Beni Culturali e la Regione Puglia che quest'ultima ha destinato alla valorizzazione del Parco archeologico di Herdonia.
Gli stessi fondi, ancora disponibili, non sono stati ancora utilizzati per la mancata acquisizione dell'area archeologica di proprietà Cacciaguerra.
Il museo realizzato non è completo, certo, ma assolutamente non è inutile.
Non c'entra niente il museo con il milione di euro del Ministero.
Informati meglio prima di scribacchiare.
In tutti i musei del mondo ci sono i nostri reperti... trafugati e svenduti dai tombaroli... purtroppo quando non c'è l'interesse politico ma sopratutto quando la politica non crede al turismo e alla cultura come una risorsa anche economica è inutile stare qui a parlare!
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