mercoledì 30 maggio 2012

Non è un Paese per fiori



La sede dell'azienda pugliese
“Non riusciamo più ad essere competitivi”. Sono enormi le difficoltà del colosso del settore florovivaistico Ciccolella. L’ultimo consiglio di amministrazione, a metà maggio scorso, ha approvato i conti relativi al primo trimestre e le linee strategiche del piano industriale e finanziario 2012-2016. La società ha chiuso i primi tre mesi dell’anno con ricavi consolidati in calo a 87,8 milioni di euro contro i 97,7 milioni dell’analogo periodo dell’anno scorso, mentre il margine operativo lordo (Ebitda) adjusted si è attestato a 12,9 milioni di euro dai 13,4 milioni di un anno fa.
La posizione finanziaria netta è risultata negativa per 240 milioni di euro rispetto ai 235 milioni registrati a fine 2011. All’interno della posizione finanziaria netta sono inclusi i finanziamenti ricevuti dalla controllante per 37,4 milioni di euro. Invece il piano, "nel confermare la tradizionale vocazione agricola del gruppo coniugata con l’attività di cogenerazione, prevede la diversificazione e l’ampliamento della produzione agricola e l’estensione dell’attività di cogenerazione sul sito di Candela", recita la nota diramata dalla società.
Numeri non certo positivi. Ma guai a parlare di “fallimento”. “Entro 120 giorni partiranno i licenziamenti – ci spiega il responsabile delle relazioni esterne del gruppo, Felice de Sanctis -, già c’è stato un ridimensionamento del 30 per cento che ha coinvolto anche i manager, che adesso sono esternalizzati. È stato persino bloccato il turnover. La ristrutturazione è necessaria proprio per evitare il rischio del fallimento, che al momento non esiste”. Qualche giorno fa, la “G.C. Partecipazioni Società Agricola srl”, azienda del gruppo Ciccolella, ha infatti formalizzato  l’inizio della procedura di riduzione di personale per 242 lavoratori dei 397 presenti nei siti di produzione di Terlizzi e Molfetta in provincia di Bari, Candela in provincia di Foggia e Melfi in provincia di Potenza.
Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil hanno espresso immediatamente “forte preoccupazione”, giudicando tale decisione sbagliata sia per le gravissime ricadute negative su tante famiglie, sia per il futuro dell’azienda, in una realtà già fortemente compromessa in termini produttivi ed occupazionali.
Questa richiesta di riduzione di personale avviene, peraltro, dopo circa 18 mesi nei quali, un serrato confronto tra organizzazioni sindacali e azienda, aveva permesso di affrontare la grave crisi di mercato, con l’obiettivo di favorire il piano di riconversione aziendale, e sostenere i lavoratori e le loro famiglie con l’attivazione di ammortizzatori sociali.
Ecco, il “mercato”.  È questo il punto dolente: “La perdita di competitività ci ha spinto a diversificare la produzione, puntando anche sulle piante da vaso – spiega de Sanctis -. Ma nell’ultimo biennio alcuni elementi negativi del contesto internazionale ci hanno fortemente fiaccato, per questo abbiamo preso iniziative analoghe di ristrutturazione anche in Olanda. I prezzi del petrolio hanno avuto un impatto disastroso, ed il mercato finanziario, con la paralisi del finanziamento delle banche ha fatto il resto. Se a questo si aggiunge il fatto che non riusciamo a riscuotere i crediti dello Stato, ci si rende conto facilmente della crisi di liquidità che ha dovuto affrontare il nostro gruppo quotato in Borsa”. Vorrebbero una politica stringente di dazi doganali per arginare la concorrenza di Paesi emergenti come il Kenia, l’Etiopia e l’Ecuador. Con loro non c’è partita, a cominciare dal costo della manodopera. “La massaia non perde troppo tempo a capire da dove arrivino le piante – chiosa de Sanctis -, guarda al prezzo e basta, soprattutto in tempi di crisi. La politica commerciale di questi Paesi è estremamente aggressiva. Non si può competere. Stiamo facendo investimenti altrove, abbiamo ambiziosi progetti in Puglia, ma la confusione normativa sulle rinnovabili e la burocrazia paralizzano tutto”. Se infatti la centrale Edison dà calore alle serre di Candela, a Molfetta e Terlizzi sono paralizzati, a causa della sospensione dei progetti sulle rinnovabili (fotovoltaico). Il gap energetico è un fattore determinante per le difficoltà del gruppo. Un contraccolpo importante, tuttavia, sembra essere stata quella dello scorso anno, quando il “re dei fiori”, Corrado Ciccolella, patron del gruppo, venne arrestato per truffa e bancarotta fraudolenta dopo le indagini della procura di Crotone. Secondo l’accusa, alcuni finanziamenti europei (circa quindici milioni di euro) sarebbero stati dirottati verso altri scopi. Soltanto in quei giorni, il titolo perse quasi il 4 per cento in Borsa. Prima del colpo di coda degli effetti sulla liquidità del gruppo, da molti anni leader europeo del settore.

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