giovedì 14 gennaio 2010

La "caccia al nero" e il dovere della memoria


"Non depone a favore della comunità". E' questa la critica principale che mi è stata mossa dopo aver ricostruito, sulle pagine de l'Attacco, il pomeriggio di ordinaria follia del 1993 a Orta Nova. Quella "caccia al nero" aveva tutti gli elementi di analogia con la cronaca recente di Rosarno, in Calabria. Allora, nel Basso Tavoliere, come riportato anche sul Corsera, ci furono molti moti avversi all'ondata dei 15mila africani giunti per piegare la schiena alle ragioni dell'oro rosso. Le piazze divennero dormitori e non mancarono episodi "indigesti", che offrirono il fianco al pretesto che fece scattare la scintilla dell'odio: in piazza Municipio, proprio dov'è la villa dedicata al santo patrono, gli extracomunitari erano soliti calar le brache per i bisogni fisiologici. Tutto alla luce del giorno, dinanzi agli sguardi sbigottiti dei passanti. Furono botte da orbi. Si ruppe il patto tacito tra due culture che coesistevano sulle semplici ragioni economiche dell'agricoltura e della riduzione del costo della forza lavoro. Qualcosa andò storto, ma la lezione è stata compresa. Perché, in fondo, ricordare questi episodi significa rispettare il "dovere della memoria", non denigrare. Le pagine opache possono servire anche a questo, a rendere maggiore chiarezza nella futura identità locale.

Sopra, nella foto, Hotel Africa all'ingresso di Orta Nova

5 commenti:

Anonimo ha detto...

nessun finto buonismo, nessuna ipocrisia.
è facile essere tolleranti quando il problema è percepito lontano, ma quando il "diverso" è a noi vicino, frequenta gli stessi bar che frequentiamo noi, le stesse scuole, si siede sulle nostre panchine, cammina per la medesima strada che anche noi "normali" percorriamo o lo incrociamo nei supermercati dove noi acquistiamo le stesse cose che comperano loro?
allora diventa tutto più difficile.
l'ipocrisia è la vera nostra natura:
tolleranti se sono lontani, razzisti se osano disturbare la nostra vista.

Michele Iula ha detto...

Questa è stata la tanto amara quanto perspicace formula di Beniamino Placido. Sono d'accordo.

SinistraCritica ha detto...

Ok: ammettiamo come vera (non possiamo fare altrimenti...) la Legge per cui la tolleranza e la compassione verso i "gli altri" sono direttamente proporzionali alla distanza che ci separa da loro: resta comunque da stabilire che cazzo ci facevano un migliaio di immigrati maschi lì, in quelle condizioni...

La stessa domanda vale naturalmente per Orta Nova: che cazzo ci facevano, nell'estate del 1993, quei circa 1500 extracomunitari accampati, nel senso letterale del termine, dentro e appena fuori il Paese?

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SInistraCritica ha detto...

La risposta, in entrambi i casi è: GLI SCHIAVI.
Si badi: personalmente sono sempre stato contro la teoria della "competizione sul costo della manodopera", perchè è una strategia semplicemente fallimentare...La cosa naturalmente è stata (ed è tuttora) fonte di discussioni in cui, qusi sempre in minoranza, mi trovo a sostenere la tesi che a furia di pagar poco la manodopera alla fine si diventa tutti più poveri, ma tant'è. La maggioranza pensa che sia inevitabile, pagare il meno possibile la manodopera.

Oggi, in TV si vedono e si ascoltano appunto queste "argomentazioni", apparentemente logiche, dei rosanesi che sostengono che no, 25 euro per una giornata di 8 ore nei campi non è proprio "sfruttamento", così come del resto si potrebbero ascoltare agricoltori ortesi dire che 25 eur non sono pochi per una giornata a raccogliere i pomodori. E invece il malsano si annida proprio lì, e cioè in una concezione del lavoro, specie quello nei campi, non distante da quella che si aveva nelle piantagioni del 700': sfruttare, sfruttare, sfruttare...

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SinistraCritica ha detto...

Il guaio è del resto proprio questo: gli sfruttatori (cioè noi...) si indignano perchè autoconvintisi del fatto che "far lavorare" un immigrato significa pur sempre "dargli da mangiare".
Già: e se fossimo nel 2009 e non nel 1800? Pazienza: la storia si ripete, sempre perchè evidentemente i libri non rendono bene l'idea e le lezioni non si apprendono...
Le argomentazioni, apparentemente ineccepibili, ma in realtà deliranti, a favore dello sfruttamento come "atto di pietà" non cambiano. A nulla vale se, essendo appunto nel 2009 e non nel 1800, il LAVORO, oltre che a sfamarsi nel senso letterale del termine, dovrebbe servire anche a soddisfare i bisogni più elevati...Pazienza perchè l'arretratezza, prima che un fatto economico è sempre culturale...
E' arretrato chi sostiene a spada tratta le ragioni di un'agricoltura anti-economica e persino antisociale. Ed è arretrato ma anche stupido chi non veda nell'arretratezza congenita del settore i germi del disfacimento economico, prima che sociale, del Sud.

Le autorità e la popolazione hanno tollerato a Rosarno, come tollerarono ad Orta Nova, una concentrazione obiettivamente abnorme di immigrati senza dimora perchè si sapeva (o, meglio, si credeva...e tuttora si crede) e si riteneva essere uno "scambio vantaggioso" per la comunità.
Le popolazioni hanno cioè tollerato una presenza così massicia ed invadente di giovani maschi immigrati solo perchè c'era (e c'è!) uno scambio di utilità del tipo: voi venite a raccogliere le arance (o i pomodori...) nei nostri campi e noi in cambio vi facciamo "mangiare" da Noi...

Parliamoci chiaro: quelle di Rosarno, che come scene assomigliano fin troppo a quelle di Orta Nova nel 1993, sono scene da Paesi sottosviluppati. Quanto accaduto a Rosarno ha molto poco a che fari con i moti delle inquiete periferie della Megaolpoli parigina. A Rosarno, come ad Orta Nova la parolina magica è: sottosviluppo.
Se a livello collettivo si fosse tollerato meno il lavoro nero e sottopagato in agricoltura, forse le cose non sarebbero arrivate a questo punto. Se ad un certo punto cioè la cultura della competizione fatta solo ed unicamente sul costo della manodopera si fosse interrotta, se ad un certo punto cioè si fosse preteso che il lavoro in agricoltura va retribuito REGOLARMENTE come in tutti gli altri settori allora forse non si sarebbe arrivati a tanto. Naturalmente però un dibattito serio sul cancro che il lavoro nero è per la nostra economia (e per l'economia in generale) oggi continua a non esserci e se c'è è percepito dalla gente come un "falso problema", mentre è invece il problema dei problemi. La maggior parte della gente, dei politici e delle autorità continuamp a ritenere il lavoro nero e sottopagato come una sorta di "male necessario"...Ma è proprio a causa di questo considerarlo come "necessario", che questo male sembra ormai aver preso il sopravvento ed alla fine ci soffocherà sempre di più nelle spire della poverà diffusa e del sottosviluppo...

Saluti