martedì 7 aprile 2009

Il dramma nel cuore


Vivere un dramma con l'angoscia di chi ha lasciato un pezzo di sé alle spalle: questo il racconto dei due ragazzi ortesi. E poi solo il silenzio. E le immagini che rimbalzano sui media. Una tragedia che ha pochi casi simili nella storia contemporanea, come quelli del Belice e dell'Irpinia.


Proprio nella zona della città più colpita, ci abita il maggior numero di studenti provenienti da molte regioni della Penisola, in particolare dalla Puglia. Non solo studenti, ma anche militari che frequentano una delle tante scuole di formazione per allievi.

Nel cuore della notte, a L’Aquila, una scossa ha fatto tremare la terra in modo spaventoso, radendo praticamente al suolo il centro storico pieno di monumenti di interesse mondiale, come la “Fontana delle 99 cannelle”. Insieme ad esso, il terrore ha coperto di una cappa infernale le vite di chi, ogni giorno, viveva il capoluogo abruzzese immerso nelle proprie faccende personali. Molti studenti sono fuggiti dall’apocalisse del suolo che ha smembrato gli edifici come se fossero stati costruiti col burro. Quelle case in centro, vecchie costruzioni prive dei criteri antisismici, hanno ceduto al vigore del movimento della terra, che in alcuni punti ha ingoiato tutto ciò che la sovrastava.

L’angoscia raggiunge in pochi attimi i ragazzi che fortunatamente sono scampati allo sventurato evento naturale. I telefoni impazziscono dalle prime ore dell’alba. Si cerca di contattare gli amici con cui si è condiviso pressoché tutto. Si teme per il peggio e ogni volta che il telefono risulta non raggiungibile, un nugolo di pensieri pessimi si addensano nella testa di questi giovani studenti.

Il giorno delle Palme è stato davvero una salvezza per chi ha deciso di ritornare a casa, magari dopo molti mesi passati sui testi per superate il periodo d’esame.

Come Giovanni Sacchitelli, al terzo anno di Scienze dell’Investigazione, che ha deciso di rientrare dopo la proposta del padre che lo ha raggiunto per accompagnarlo ad Orta Nova. “Dovevo tornare martedì –ci racconta al telefono- solo che ho anticipato i tempi perché è venuto a prendermi mio padre”. Abita a L’Aquila Est, la zona nuova della città. L’edificio con l'appartamento che divide con alcuni militari ha subito solo lievi danni. Ma lo spavento continua ad essere grande, soprattutto quando ci si sofferma a pensare agli allarmi delle scorse settimane. “Una scossa molto simile si era già avvertita le scorsa settimana –ricorda Giovanni-, per non parlare delle frequenti scosse che vanno avanti da metà dicembre e dei repentini cambiamenti del clima: due settimane fa ha persino nevicato”. Troppe le anomalie che hanno reso l’aria elettrica. Adesso, il viavai di genitori e parenti cerca di riportare a casa i giovani terrorizzati. “Ero tornato sabato sera per le Palme, dopo che non tornavo a casa da ben tre mesi –ci dice Gianluca Abruscio, uno studente ortese-. La casa dove abitavo è crollata e i miei amici sono salvi per miracolo. Una mia amica dormiva nella mia stanza e si è svegliata perché si è accorta che stavano cedendo i muri. Un’altra mia amica mi ha raccontato di essersi gettata da ben 4 metri prima che un’esplosione di gas ha fatto saltare in aria la palazzina”.

Tutto è ormai sepolto sotto le macerie, gli oggetti personali, il computer, gli abiti. Un pezzo di esistenza risucchiato inevitabilmente sotto il cemento. E anche Gianluca percepiva che qualcosa potesse andare storto: “Già martedì scorso c’era stata una scossa del quarto grado, ma la storia andava avanti dal 14 dicembre”. Certo, in questi momenti non è opportuno fare polemiche, ma è di tutta evidenza che esistevano dei margini di intervento, che forse sono stati colpevolmente sottovalutati. Ora c’è spazio solo per lo sconforto. “Le immagini dicono tanto e non dicono niente –conclude Gianluca- sono shoccato io, qui… non riesco ad immaginare cosa possa essere stato per chi lo ha vissuto”.

L'Attacco

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Scusate se vado un tantino controcorrente, ma proprio non riesco a tacere.
“Tra le chiese e le case vanno (ri)costruite prima le case, perché Dio non ha freddo”. Questa frase non l’ha ancora pronunciata un solo rappresentante delle gerarchie ecclesiastiche. Il papa ha fatto sapere che non appena possibile visiterà l’Abruzzo. Benedetto XVI ha annunciato la sua visita durante una telefonata al vescovo dell’Aquila, monsignor Giuseppe Molinari, per «esprimere ancora una volta e personalmente la propria partecipazione al dolore e chiedendo informazioni sullo svolgimento degli eventi», ha riferito il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. «Il Papa - ha aggiunto - ha anche espresso direttamente la sua intenzione di recarsi al più presto». Sulla data della visita del Pontefice ai terremotati, padre Lombardi ha ribadito che «sicuramente non andrà prima di Pasqua, e nei prossimi giorni si verificherà la disponibilità anche in accordo con le autorità italiane e la Protezione civile». «Il Papa potrebbe arrivare già nella prima metà della settimana prossima, fra lunedì e mercoledì, tuttavia bisogna vedere come sarà la situazione, la preoccupazione è quella di non creare intralcio» ha detto don Claudio Tracanna, portavoce dell’arcidiocesi dell’Aquila. Ma poi, nemmeno tanto malignamente, aggiungeva qual è il vero motivo della prudenza: “È probabile che fra i fattori che hanno indotto a una maggiore prudenza ci sia il succedersi di altre scosse di intensità medio-alta e la situazione ancora complessa dei soccorsi“. Insomma, va bene la solidarietà ma la pellaccia è pur sempre la pellaccia. E la Chiesa devolverà parte dell’otto per mille (si tratta, lo ricordo, di soldi dei contribuenti italiani) agli aiuti per le vittime del terremoto. Notare la particolarità: la Chiesa non si spoglierà di qualcosa di suo, come il saio di San Francesco, ma elargirà a chi ne ha bisogno qualcosa che è stato donato a lei. Un po’ come fanno le persone che riciclano i regali arrivati a Natale o per il compleanno. ”Il Dio in cui credo non è a corto di contanti“, cantano gli U2 in una canzone che si chiama “Bullet the blue sky“.
E cosa dire delle parole di quello speaker di Radio Maria, il quale ha detto che il terremoto in Abruzzo è il modo che ha scelto il Signore per mettere alla prova le popolazioni? “Non ci poteva dare una prova scritta?“, avranno pensato le popolazioni, citando una famosa battuta di Woody Allen in “Amore e guerra“. Piuttosto, è più divertente analizzare la clamorosa gara di solidarietà che è partita tra le maggiori aziende italiane, che si sono fatte promotrici di donazioni, ma in un modo piuttosto particolare: devolveranno ai terremotati i denari raccolti tra i loro utenti. Menzione d’onore va alle società di telefonia mobile, che non solo permettono ai loro abbonati di regalare un euro con un sms, ma hanno addirittura ricaricato il cellulare dei terremotati abruzzesi per la clamorosa cifra di 5 euro di traffico telefonico, che, vale la pena ricordarlo, industrialmente a loro costa qualcosa come 50 centesimi. Immaginiamo le telefonate ai parenti di chi ha avuto la fortuna di ritrovarsi il regalino nella scheda: “Ciao, sì, nonna è morta ma io sto bene, scusa, devo riattaccare che ho solo 4 euro e lo scatto alla risposta mi mangia 30 centesimi a botta“. Un gesto di grandissima generosità, che sicuramente permetterà loro di guadagnarsi il Regno dei Cieli. D’altronde, avrete sicuramente notato che tutti gli appelli che partono da strutture private o agenzie di socializzazioni finiscono o cominciano sempre con un “Donate!“; non con un più consono “Doniamo“. Son cose... che ricordano la grandissima verità che si nasconde dietro la famosa frase pronunciata da Stefano Ricucci, il furbetto del quartierino per antonomasia: “So’ tutti bravi a fa’ i froci cor culo degli altri“.

Maiellaro

SinistraCritica ha detto...

IL CORAGGIO DI INKAZZARSI DAVVERO

Mah. A dire la verità (o almeno quella che io ritengo essere tale...) credo ci sia qualcosa che non va. Mi dispiace per i fatalisti, tra cui rientrano un certo tipo di "fedeli di vaghe superstizioni", come quella che vorrebbe l'EN "responsabile" morale di chissacosa...

Un atteggiamento fatalista: tutto quà.
Perchè se a cadere sono, oltre alle Chiese settecentesche, anche Palazzi e Case con non più di vent'anni di vita, allora bisogna avere IL CORAGGIO D'INKAZZARSI!!!!!

La triste, nuda, cruda e crudele REALTA' è che a parte i monumenti e palazzi storici...questo terremoto in un Paese avanzato e moderno avrebbe avuto l'80% dei danni in meno...
Fa male. Lo so. Male al punto di non volerlo ammettere. Cos'è che ha detto quel coglione là, che il terremoto è stato in modo in cui ... ha messo "alla prova" il popolo abruzzese?? Ma stiamo scherzando??????
Questa gente, secondo me, semplicemente non ha CHIARI i "rapporti di forza" in campo: che l'EN si occupi di noi in questi termini è semplicemente ridicolo pensarlo: SIAMO NOI, che ci dobbiamo (dovremmo), invece, preoccuparci di LUI. Ma non lo facciamo...praticamente MAI. Non lo facciamo quando freghiamo (o tentiamo di farlo) in tutti i modi possibili il prossimo...
MA non lo facciamo neanche quando costruiamo case abusive per poi chiedere il condono, non lo facciamo quando firmiamo progetti "fatti a cazzo", non lo facciamo quando partecipiamo alla gara d'appalto e forse neanche quando facciamoil collaudo.
Insomma la cruda realtà è che siamo un Popolo di Gente con problemi mentali (anche seri..). Se ciò sia dovuto al fatalismo congenito instillato anche da certe "predicazioni" strambe, (che sentiamo fin da bambini), di un Dio più capriccioso e dispettoso di un bambino, ma comunque pronto ad assolveri per qualunque CAZZATA facciamo nella nostra vita) io non lo so...Certo però che parliamo di una scossa che non ha superatoil 5°grado della scala Richter e che in Giappone (ad esempio) nnon avrebbe provocato nessun danno. E neanche in California. Oh, qualcuno dirà: "seee aù Giàppòn...ma quà stìm in Itàlj...
Beh decidiamoci allora: o siamo un "grande paese"....o siamo un "paese arretrato".

Ed il caso dimostra che, siamo un Paese arretrato. E pure tanto...

C'è qualcuno che si sente "orgoglioso di essere italiano" visto lo spirito di "solidarietà nazionale" che scorre in queste ore. Sarà: ma io mi vergogno sempre di più del mio Paese...
E poi trovo che chi non prova una simile sensazione neanche di fronte a questo indecente spettacolo in cui lo stesso Stato, cioè le stesse persone che da venti anni ci stanno rompendo i coglioni con le privatizzazioni e i tagli alle pensioni, all'ediliza scolastica e tutto il resto, ora NON SE LA POSSONO CAVARE DANDO SOLDI ALLE BANCHE E CHIEDENDO AIUTO ALLA GENTE NORMALE per fare quello che Loro(!) HANNO OMESSO DI FARE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
E gli Italiani? Adesso scoprono l'orgoglio nazionale. Che consiste poi nel semplice inorgoglirci per la nostra pochezza di Nazione Moderna Occidentale e della nostra indicibile stupidità (è questa e solo questa che è stata "messa alla prova", anzi, provata: non la fede in ... che i fatti provano, noi italiani non abbiamo affatto...). Non basta inseguire statue per i Paesi: questa è superstizione...NON E' questa, la Fede nell'Assoluto...
La Fede nell'assoluto la si dovrebbe dimostrare ogni giorno, svolgendo con coscienza il proprio ruolo: cosa che invece noi Italiani evitiamo accurattamente di fare. Un popolo di porci siamo (o al più di "ignavi", che forse è anche peggio..). Non un popolo di eroi. Bisogna avere il coraggio di non prendersi tanto per il culo: non se si vuole cambiare davvero. Qùìss è ù fàtt. Cà fàcìm schìf.

Anonimo ha detto...

Questa testimonianza vale molto più del finto buonismo di qualche nostro rappresentante istituzionale locale che non perde occasione per autoreferenziarsi e distogliere l’attenzione dai veri, e perennemente irrisolti, problemi sociali e di salute pubblica di Orta Nova. Diffidiamo dai metodi di peloso pietismo che questi usano e dietro ai quali sempre si nascondono. Che questo serva a farci riflettere, vigilare e ad essere critici sul loro operato.


Padre studente morto scrive a Bertolaso:
Nicola è stato ucciso dall'imprudenza delle istituzioni

FROSINONE (13 aprile) - Nicola Bianchi era uno studente di 22 anni di Monte San Giovanni Campano, morto nel crollo della palazzina in via Gabriele D'Annunzio 11 distrutta dal terremoto. Il padre, Sergio Bianchi, operatore del 118, ha scritto oggi una lettera aperta al capo della Protezione civile Guido Bertolaso, per chiedere perché, nonostante si registrassero scosse sismiche fin da gennaio, nessuno abbia preso provvedimenti, a partire dalla chiusura dell'università «una settimana prima come hanno fatto le scuole ritenendo la situazione pericolosa».

«Non voglio fare polemiche - scrive Bianchi - ma sono addolorato e non bisogna dimenticare che in questa tragedia ci siamo anche noi: abbiamo perduto i nostri figli perché nessuno ci ha avvertiti del pericolo. Il mio ragazzo, insieme ad altre giovani vite ciociare spezzate, era all'Aquila per costruirsi un futuro. Ho visto i muri del palazzo-tomba di Nicola con alcuni lesioni. Ho chiesto spiegazioni a tutti, dal proprietario ai vicini e mi hanno risposto di stare tranquillo, che la situazione era sotto controllo. I nostri ragazzi che vivevano al civico 11 di via Gabriele D'Annunzio e gli altri che alloggiavano nelle palazzine vicine erano tranquilli, perché noi genitori gli avevamo trasmesso la serenità. Nicola, caro vice ministro Bertolaso, è stato ucciso come tutti gli altri dall'imprudenza delle istituzioni».

Sergio Bianchi ha scritto anche una lettera aperta ai giornali. Ecco il testo:

Spett.le, Direttore
sono un genitore di una giovane vittima del terremoto del 6 aprile scorso, Nicola Bianchi di soli 22 anni, studente all'Università de l'Aquila in Scienze M.F.N., ind. Biotecnologie. Le scrivo in merito a quanto accaduto e per chiederLe, visto il suo impegno verso una buona politica e in qualità di giornalista e direttore attento, di occuparsi di quanto sta accadendo, in particolare di parlare delle vittime del terremoto e di perché nessuno si stia occupando e parlando pubblicamente del motivo per cui il Magnifico Rettore non abbia chiuso l'Università mentre tutte le altre scuole, di ogni ordine e grado, hanno chiuso in anticipo prendendo in considerazione l’eventualità di un probabile terremoto (erano più tre mesi che perdurava lo sciame sismico e che un “ricercatore” denunciava il fatto).

In televisione si continua a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni tutte al fine di provvedere alla ricostruzione di chiese e monumenti (importante per tornare alla normalità), e non si parla delle giovani vittime, che per studiare e costruirsi un futuro vanno lontano da casa, a vivere in appartamenti che noi genitori consideravamo sicuri;

Perché non si indaga su come queste case sono state costruite e chi ha dato loro l'ok a procedere;

Perché non si parla dei proprietari di queste case, che durante la tragica notte dormivano in case sicure mentre lasciavano morire questi "angeli" in case non idonee, di cartapesta, costruite forse abusivamente e con materiali scadenti;

Perché, Chi di dovere, oltre a presenziare ai funerali di stato, non ha provveduto ad evacuare la città in tempo, occupandosi solamente di fare propaganda elettorale.

Perché in televisione si continua a parlare della Casa dello Studente e non dei tanti studenti affittuari morti in quella fatale notte, come Nicola, come Matteo, come Carmelina,... domiciliati in via Gabriele D’Annunzio, unica palazzina totalmente crollata in quella strada e dove hanno perso la vita ventidue persone;

Perché in queste occasioni si pensa alle opere d'arte e non si pensa alle famiglie delle vittime, dove sono le istituzioni?

Mi si costringe a pensare che le loro sono solo lacrime di coccodrillo e che questo evento nefasto sia stato per loro una manna per poter promette a chi ha bisogno di credere in qualcosa, che quel qualcosa verrà fatto....

Ma a noi genitori, soli nel nostro dolore, chi darà una risposta, visto i che nostri figli non possiamo più riaverli?

Personalmente sono andato a l’Aquila non avendo notizie di mio figlio e dopo il primo concitato giorno alla ricerca di Nicola ho dovuto, con il supporto dei miei familiari riportalo “a casa” ed una volta tornato, sono stato inghiottito dal silenzio e dallo stesso vuoto che ha portato via mio figlio; non ho avuto contatti con le Istituzioni, nessuno si è più preoccupato di farmi avere notizie ulteriori in merito, neppure la proprietaria della casa che, compreso il corrente mese, ha sempre riscosso l’affitto.

Inoltre è mancato il rispetto per le salme, una volta portate presso l’obitorio allestito presso la caserma scuola allievi della guardia di finanza, sono state frettolosamente adagiate con tutti i calcinacci, senza ripulirle nelle bare e sempre frettolosamente sigillate, senza dare il giusto tempo ai familiari di salutarle per l’ultima volta. Ed infine, cosa da evidenziare, il tutto è stato deciso e organizzato da una unica impresa funebre

Le invio questa mia, per chiederLe di far luce sugli eventi sopra citati:

• SUL PERCHÉ NON SI È TENUTO CONTO DELL'ALLARME
• SUL PERCHÉ IL RETTORE NON ABBIA FATTO CHIUDERE L'UNIVERSITÀ
• E SU CHI E PERCHÈ HA CONSENTITO AI PROPRIETARI DI QUELLE CASE DI POTERLE AFFITTARE LUCRANDOCI SOPRA

Sicuro che Lei possa anche se in parte, capire e comprendere il mio dolore, Le chiedo di poterne parlare in trasmissione, e di aprire un’ inchiesta, se pur giornalistica.

La ringrazio per l'attenzione, padre della 244° vittima di quella tragedia che forse grazie al buon senso poteva essere evitata,

Sergio Bianchi